Cosa ci insegna la privacy policy di WhatsApp

Il contesto

All’inizio del 2021 gli utenti di WhatsApp hanno iniziato a ricevere una richiesta di adesione a una nuova privacy policy dell’App che sarebbe diventata operativa nel successivo mese di febbraio. Molto presto, tuttavia, a seguito delle polemiche e del dibattito che la novità aveva innescato, la scadenza è stata spostata al 15 maggio e Facebook ha così potuto prendere qualche mese di tempo per chiarire i contenuti della novità. Si tratta di un adeguamento che nell’area europea, soggetta al regolamento della GDPR, riguarda aspetti marginali del servizio, relativi al funzionamento di WhatsApp Business.

Il clamore mediatico è stato notevole, in particolare negli Stati Uniti con l’endorsement di Signal da parte di Musk. In effetti, al di fuori dell’Europa l’aggiornamento è sostanziale e riguarda la condivisione dei dati di WhatsApp con Facebook per una miglior profilazione degli utenti e quindi una maggior efficacia dell’offerta pubblicitaria del gruppo.

La ricerca

Secondo una recente ricerca di Human Highway, condotta su un campione di 1.000 individui, in Italia oltre il 94% delle persone con uno Smartphone ha installato WhatsApp sul proprio dispositivo mobile. L’ulteriore contributo di Messenger, seconda applicazione più popolare, porta Facebook Inc a coprire la quasi totalità dei dispositivi. Le altre App di messaggistica, non riconducibili a Facebook Inc, sono presenti sul 63% dei dispositivi mobili, con Telegram, Skype e Google in evidenza. Quando si passa all’utilizzo, WhatsApp conferma la sua quota superiore al 90%, Messenger segue con il 40% e la terza applicazione che regge il confronto con le prime due è Telegram. Questa, infatti, è presente su poco meno di metà dei dispositivi ma ha una solida base di 10/12 milioni di utilizzatori abituali.

Un terzo delle persone dichiarano di aver già accettato la nuova Privacy Policy di WhatsApp e un ulteriore 30% di volerlo fare appena se ne presenterà l’occasione.

L’ultimo terzo è al momento deciso a non aderire. Tuttavia, se così facendo l’App smettesse di funzionare, le stesse persone dichiarano in maggioranza che accetterebbero le nuove condizioni pur di continuare a usare WhatsApp. Il 31% si orienterebbe invece verso Telegram e meno del 10% verso altre soluzioni.

Le conclusioni

Anche se il caso di WhatsApp non pone un particolare problema di privacy, altre ricerche mostrano che il tracciamento dei dati personali per finalità commerciali è considerata una pratica fastidiosa per la maggioranza degli italiani. Allo stesso tempo è da tutti tollerata come una condizione necessaria per stare e vivere nel digitale. La natura social(e) degli individui spinge ad accettare limitazioni alla libertà personale per far parte di una collettività a cui si desidera appartenere. Metà delle persone sono consapevoli che “usando i miei dati la tecnologia mi dà dei vantaggi ma limita la mia libertà“: la novità del nostro tempo è che i diritti di cittadinanza del digitale non sono definiti dalle istituzioni democratiche ma da società private.

A lungo andare si può generare uno spiacevole stato di tensione tra atteggiamenti ostili al tracciamento e comportamenti che lo consentono per necessità. La soluzione più semplice che le persone adottano per risolvere questo conflitto non è modificare i comportamenti, perché significherebbe l’esilio dal digitale, ma modificare gradualmente l’atteggiamento di base nei confronti del tema aderendo all’idea che “ci sono dei pericoli ma i benefici della tecnologia sono tali che per averli possiamo rinunciare a un po’ di privacy”.

L’offerta dei servizi digitali gratuiti, cioè pagati con i dati personali, sta plasmando i comportamenti di molti che, a parole, si oppongono al baratto ma in pratica cliccano su qualsiasi bottone pur di accedere all’utilizzo del servizio.

E’ l’equilibrio di interessi che regge l’economia dei servizi digitali e che nel frattempo alimenta il senso di sfiducia di un ampio segmento di popolazione. In effetti, la possibilità di contenere gli effetti negativi della pandemia facendo uso di tecnologie di tracciamento affidate alle istituzioni democratiche è fallita anche* in conseguenza dell’atteggiamento sospettoso di una buona fetta della popolazione. E, tuttavia, l’unica resistenza alla deriva verso una tacita accettazione di tutte le condizioni imposte dagli operatori è offerta proprio dalle istituzioni, in particolare di quelle europee, come si è dimostrato nel caso di WhatsApp.

* anche, non solo

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