Attenzione all’attenzione

Il contesto

C’è un hashtag diventato piuttosto popolare negli ultimi mesi nelle ricerche di scenario sui media e la pianificazione pubblicitaria: #attenzione.

In pubblicità si fa riferimento all’attenzione quando si esaminano i diversi livelli di coinvolgimento delle persone esposte a un messaggio. Non basta esporre una persona a un contenuto pubblicitario per concludere che il messaggio è giunto al destinatario. Tutti facciamo esperienza della sovrabbondanza di informazioni a cui siamo esposti lungo una giornata: sentiamo senza ascoltare, guardiamo senza vedere, vediamo senza trattenere oppure tratteniamo per un attimo quello che abbiamo capito ma lo lasciamo subito andare perché è in arrivo un nuovo stimolo e il ricordo di quello precedente non ha tempo di fissarsi nella corteccia cerebrale.

Il concetto di economia dell’attenzione è stato introdotto per la prima volta da Herbert Simon, premio Nobel per l’economia nel 1978. Simon sosteneva che l’attenzione umana è limitata e che, di conseguenza, va considerata come una merce che può essere venduta o comprata.

Il mercato pubblicitario è regolato su listini che quotano l’esposizione (GRP, audience, impression, views, tempo speso etc.), la materia prima di tutto il processo. Chi comunica vuole fare breccia e farsi ricordare o, come si dice spesso, essere rilevante. Nessuno è interessato all’esposizione. Tuttavia, senza esposizione non c’è attenzione e senza attenzione non c’è ricordo.

La recente riflessione sull’attenzione ha portato il ragionamento sul percorso corretto: anche se una marca compra esposizione su un target, in realtà è interessata all’attenzione del target per entrare nei suoi pensieri e farsi ricordare. L’esposizione si compra, l’attenzione bisogna guadagnarsela.

La ricerca

Human Highway ha realizzato con Next14 un’indagine con l’obiettivo generale di misurare la quota di esposizione mediatica che si trasforma in attenzione e quindi in ricordo pubblicitario. Il risultato, in breve, mostra che

  • 100 ore di esposizione ai mezzi di comunicazione equivalgono a 38 ore di attenzione; le restanti 62 ore di esposizione sono così distratte, poco coinvolte o discontinue che non generano alcun impatto;
  • ci vogliono 74 minuti di attenzione per genrare un ricordo pubblicitario.

Ma partiamo dall’inizio. Per svolgere lo studio è stato preso in esame un ampio campione di 4.800 individui grazie al quale si è potuto ricostruire lo svolgimento delle attività che gli italiani svolgono durante la giornata.

Il dato è stato arricchito con le informazioni che Next14 ricava dall’esame delle attività online e degli spostamenti di milioni di dispositivi mobili che appartengono a persone che hanno dato il consenso a condividere il dato di geolocalizzazione del proprio dispositivo.

Nel time budget di una giornata c’è una quota riservata ai media, il media time budget. La metrica dell’esposizione è ricavata da questa quantità e la sua dimensione è impressionante: ogni giorno, gli italiani maggiorenni sono esposti ai mezzi di comunicazione per un totale di 322 milioni di ore.

Tuttavia, quando si considerano alcuni parametri dell’esposizione ai mezzi si nota che gran parte delle ore di esposizione sono passive (per es., i contenuti “di sottofondo”) oppure non richieste (per es., l’OOH) o, ancora, sovrapposte (es., ascoltare la Radio mentre si naviga sul Web). La conseguenza è che il 62% dell’esposizione va perduto e genera il rumore di fondo della giornata a cui le persone non prestano attenzione. Wanamaker cent’anni fa diceva “Half the money I spend on advertising is wasted; the trouble is I don’t know which half”: ecco, adesso dovrebbe aggiornare la sua stima e salire dal 50% al 62%.

Il volume di attenzione si trasforma infine in ricordo. In media, si produce un ricordo pubblicitario spontaneo ogni 74 minuti di attenzione. Il dato medio si modula su tante dimensioni ma quattro sono di particolare interesse per una pianificazione efficace: il target, il mezzo, la categoria del prodotto comunicato e il momento della giornata. La ricerca rileva che durante le 24 ore del giorno la permeabilità delle persone alla pubblicità non è costante. L’attenzione ai mezzi mostra un profilo orario che dipende dal media mix e anche delle attività quotidiane svolte dalle persone, che le rendono più o meno propense a ricevere e registrare i messaggi pubblicitari.

Il profilo orario di attenzione e ricordo può essere messo in relazione al profilo orario degli investimenti pubblicitari sui mezzi analizzati. I 16 milioni di euro investiti in un giorno medio di luglio non sono omogenei nelle 24 ore ma aumentano nel corso della giornata e mostrano una particolare concentrazione nelle ore serali.

Il confronto tra le ore di attenzione e gli investimenti consente di individuare la metrica che manca: quanto costa un’ora di attenzione? E quanto costa un ricordo?

Il costo di un’ora di attenzione e il costo di un ricordo dipendono dal mezzo. Il dato medio è di 131€ per mille ricordi ed è leggermente più basso per la TV, notevolmente più basso per la Radio, più elevato per i mezzi digitali e massimo per la stampa cartacea (quotidiani e riviste).

Le conclusioni

La metrica di riferimento per misurare l’efficacia di una campagna è il rapporto tra esposizione e ricordo. Una pianificazione pubblicitaria configurata per comprare esposizione con la massima efficienza è basata su un’assunzione implicita, ovvero che una quota fissa di esposizione si trasformerà in ricordo.

La ricerca di Next14 mostra, invece, che l’efficacia di una campagna dipende da una varietà di fattori e che il costo del ricordo può variare di quattro volte lungo la giornata e di oltre quattro volte in relazione al mezzo utilizzato.

Si potrebbe allora utilizzare un approccio di pianificazione che massimizza il ricordo anziché la copertura o la convenienza del CPM dell’esposizione. L’identificazione dei momenti e dei mezzi nei quali la conversione tra esposizione e ricordo è più elevata porta a costuire un piano che alloca le risorse nelle situazioni in cui il target è più ricettivo alla comunicazione pubblicitaria. Probabilmente John Wanamaker avrebbe fatto così, se avesse avuto i dati.

Immagine creata con Bing Image Creator (Dall-E 3)